giovedì 19 settembre 2013

Recensione di "Di noi tre"

Ho pensato a lungo se fare o meno la recensione di questo romanzo. L'ho letto ad Agosto e ancora adesso non so bene se mi piaccia o meno. Mi sembrava di leggere una situazione italiana dei giorni nostri, seppure il libro sia del 1997.


Autore: Andrea De Carlo
Titolo: Di noi tre
Anno:1997
Editore: Mondadori
Pagine: 537
Genere: Amore/Introspettivo/Sociale



La storia riguarda tre protagonisti: Livio, Misia e Marco. Ma principalmente riguarda Livio, perchè è tutto narrato dal suo punto di vista.
In parte mi sono immedesimata in Livio: laureato a 24 anni, catapultato nella realtà, in perenne conflitto con le sue idee, incerto sul futuro.
Non è facile capire cosa cerchi l'autore,alle volte mi ritrovavo a dire ad alta voce: "Ma dove vuole arrivare?"
Ti disorienta. Persone che si improvvisano registi, personaggi rappresentativi del peggiore stereotipo italiano, litigi ridicoli, fughe paradossali, prese di posizione infantili.
Anche il linguaggio è spesso ripetitivo e 537 pagine non sono facili da leggere se la trama si appiattisce. Più volte ho preso delle pause e mi succede raramente, quindi in sè la trama non è stimolante, in parte perchè frenata dall'indecisione dei personaggi.
Forse noi tutti ci siamo sentiti così a questo punto della nostra esistenza, quando si esce dal mondo dello studio e ci si affaccia a quello della vita. Si è confusi e si avverte un velo soffocante di indifferenza che rende tutto omogeneo e vuoto. Ci si aggrappa a speranze che noi stessi costruiamo, alimentandole in delusioni inevitabili.

I personaggi crescono, lo fanno però chiusi nelle loro convinzioni, senza forme di adattamento, ma solo di rifiuto. E così non possono sopravvivere.
Sono sregolati e sgretolati proprio per questo. Un gioco di parole che aiuta a capire la loro forma di autodistruzione. Perchè anche quando cercano di adeguarsi a questo mondo corrotto, lo fanno con l'angoscia di chi non ha più nulla e nel nulla si tramutano in annoiati parassiti, di se stessi però.
Livio, Misia e Marco si cercano e si trovano sempre a metà, forse perchè sanno che prima dovranno cercare di trovare loro stessi. Sono ancorati ad un'ostinata adolescenza che non accetta i compromessi della società.
Rappresentano le macchie di luce che si vedono al buio, non sanno restare nell'ombra immobile eppure non hanno abbastanza coraggio per tornare in superficie. Vivono in un tramonto che non cessa mai di accecare chi lo osserva e agli occhi altrui, appaiono solo come individui da compatire.

Eppure un raggio invisibile lega questo trio disperso. Tutto si dissolve, ma non la loro amicizia, che sarà il moto verso la loro autenticità.
Il tentativo di entrare e uscire dal mondo putrido di maschere e opportunismi è una costante di tutti e tre i personaggi ed è il principale interesse del lettore scoprire le spinte che muoveranno i primi passi di ognuno di loro.
Di questo romanzo più che la trama, ricordo i sentimenti travagliati di queste tre piccole luci che non smettono mai di abbagliare.

L'immagine è presa da Google immagini.

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